447-FINI' SUL MONTELLO LA LEGGENDA DI BARACCA(L.1°/V.V)
Il più spericolato e generoso dei nostri piloti, il capitano di cavalleria Francesco Baraccca, dopo aver sfidato la morte in decine di vittoriosi duelli aerei, precipitò sul Montello colpito alla testa,per una tragica ironia della sorte,dalla fucilata di un austriaco.
L' ultima fotografia di Francesco Baracca, il 16 giugno 1918. L' asso è ritratto davanti ai due apparecchi austriaci da lui abbattuti il giorno prima: un " Albatros" e un ricognitore.************* Aveva tutte le qualità del cam­pione: era alto, elegante e disin­volto, aveva un bel viso volitivo, era abile, coraggioso e profondamente umano. Ma i successi, la notorietà e la gloria non avevano mai fatto dimenticare a France­sco Baracca di provenire dai cor­si regolali della Scuola Militare di Modena e di essere un ufficia­le in servizio permanente effetti­vo. E a Modena non era andato a cercare una sistemazione deco­rosa, della quale non aveva bi­sogno dato il censo e le condizio­ni della sua famiglia, che aveva abbondanti proprietà terriere in quel di Lugo. Né vi era andato sotto la spinta di particolari tra­dizioni familiari, visto che l'unico militare di carriera al quale fosse legato da vincoli di paren­tela era il colonnello Enea Biancoli, cugino della madre, Paola dei Conti Biancoli. La carriera militare Baracca l'aveva scelta di sua volontà, per vocazione, contro il desiderio del padre Enrico che, dopo averlo fatto studiare sino alla licenza li­ceale prima nel collegio degli Scolopi alla Badia di Fiesole e poi al liceo Dante di Firenze, avrebbe voluto tenerlo presso di sé a Lugo, dove le proprietà ri­chiedevano cure assidue ed ener­gie fresche. C'è a questo propo­sito una lettera che Baracca scrisse nell'ottobre del 1907 a un suo compagno di studi, riportata nella bella biografìa di Antonio Foschini, che non lascia dubbi in proposito.
Il casco di Baracca e un frammento della fusoliera.(Museo del Risorgimento,Milano).*********** « II Ministero ha accettato la mia domanda, e tra pochi giorni mi presenterò alla Scuola Milita­re di Modena come allievo del corso di cavalleria. Ho dovuto battermi con mio padre per spuntarla, e devo tutto alla mam­ma se sono riuscito a smuoverlo dalla sua decisione di non favorire le mie inclinazioni. Comincia per me una nuova vita! Vi sono preparato perché non ho altra aspirazione nella mia vita che quella di potere un giorno vestire una gloriosa divisa ed esser de­gno in ogni momento di essa. Sa­rò ubbidiente e disciplinato. È' necessario, in quanto l'entusiasmo che mi ha condotto per questa strada m'impone di rispondere all'ansietà della mamma, all'a­spettazione di mio padre, alla fi­ducia che ho in me stesso. Vado perciò a Modena con animo se­reno ed esultante, disposto a qua­lunque rinuncia, a qualunque sa­crificio, pur di riuscire ad essere un buon ufficiale. » Con una vocazione così decisa, era naturale che il giovane si af­fermasse sia durante i due anni di corso sia nel periodo successi­vo, quando fu destinato come sottotenente al Reggimento Pie­monte Reale e venne prescelto, per la sua abilità di cavaliere, per partecipare a concorsi ippici internazionali.
Baracca sottotenente del reggimento "Piemonte Reale".*********** Fu proprio alla fi­ne di uno di questi che Baracca ebbe il primo contatto con l'aviazione. Un contatto drammatico che lo colpì e lasciò il segno.Era il 9 giugno 1911 e l'uffi­ciale stava provando a Tor di Quinto un cavallo indocile; c'era un, aeroplano che volava nelle vi­cinanze e che attraeva lo sguar­do di tutti. Lo pilotava Raimondo Marra. Quella macchina nuo­va che proiettava la sua ombra sugli antichi ruderi della campagna romana aveva in sé qualcosa di irreale e di avvincente. Ma d'un tratto la tragedia: qualche scoppiettio, il motore che si ar­resta, l'aereo che assume un'incli­nazione irregolare, accentua la sua discesa, poi uno schianto, se­guito da un improvviso silenzio. Quando Baracca arrivò accanto ai resti del velivolo la salma di Marra era già stata portata via; ma nel giovane ufficiale era ri­masta la visione di quel volo e di quella breve caduta silenziosa, ed egli ne rimase stregato. Inol­trò subito domanda per essere ammesso a un corso di pilotag­gio e dieci mesi dopo, nell'aprile del 1912, partiva per Reims con altri quattro ufficiali di cavalle­ria: nell'estate tutti si brevettava­no su apparecchio « Hanriot ». Baracca sperava di poter fare in tempo a partecipare alle ope­razioni belliche in Libia, ma lo mandarono alla Malpensa per conseguire il brevetto militare sul « Nieuport » e la guerra italo-turca terminò prima che lui fosse pronto. La sua permanenza in Lombardia finì per protrarsi per oltre tre anni, durante i quali fù destinato a Taliedo alla squadriglia del capitano De Rada. In quel periodo completò il suo addestramente e la sua preparazione tecnica, trascorse lungi periodi presso gli stabilimenti di Varese che fabbricavano su licenza il « Nieuport », provò il « Macchi-Parasol » e si interessò della produzione straniera. Naturalmente era un interventista convinto e la sua smania d'azione era tale da fargli persino trascurare quelle norme di riservatezza che un ufficiale dovrebbe osservare anche quando corrisponde con i suoi familiari. In una lettera scritta alla madre nella primavera del 1915 diceva « ... Il colonnello Morris che ritorna da Parigi ha detto che se la guerra incomincia andremo subito in Francia a prendere dei biplani armati. Io pure sono in nota fra i partenti, e porteremo in Italia un nuovo tipo di apparecchio : il biplano « Nieuport« che fa 140 km. all'ora, armato di mitragliatrici, e servirebbe per l'inseguimento degli apparecchi avversari e per la difesa delle città, come Venezia, per esempio : con tali apparecchi in Francia sono stati abbattuti molti "Taube". » L'informazione, per quanto riguarda i francesi, era esatta perché il 1° aprile 1915 Roland Garros aveva abbattuto un aereo tedesco a sud-ovest di Dixmunde volando su un « Morane-Saulnier » dotato di una mitragliatrice che sparava attraverso il disco dell'elica. Ma per quanto riguarda gli italiani, i caccia armati non arrivarono subito e, nella fase iniziale della guerra, gli aviatori destinati alla difesa delle città di confine impiegavano velivoli « Nieuport » biposto sui quali un osservatore sparava sull' avversario con un moschetto. Poi questo venne sostituito da una pistola mitragliatrice a due cannne (tipo Revelli) e quindi mitragliatrice fissa installata sull' ala superiore ed azionata dal piIota che, quando voleva disinceppare l'arma, doveva alzarsi in piedi.
Un caccia italiano insegue un " Albatros" austriaco nel cielo dell' Ortigara.********* Baracca, destinato con una sezione di " Nieuport" alla difesa di Udine, prova le prime delusioni: il 7 settembre incontra su Palmanova il primo aereo nemico, lo attaca, spara, ma la mitragliatrice si inceppa. Il 13 settembre, nuovo avvistamento, attacco su Codroipo, risposta dell' avversario e secondo inceppamento. Da un articolo pubblicato su Reichpost verrà poi a sapere che questo secondo aereo era pilotato dal tenente Fischer e aveva per osservatore il tenente Florer e che i due avevano dichiarato di averlo abbattuto. Baracca annota sul suo diario " Bisogna che io vada a gettare un messaggio al tenente Florer per fargli sapere di aver fatto la sua conoscenza a 2000 metri ma che sono ancora molto vivo e che gli auguro di capitarmi a tiro un' altra volta".
Il Nieuport, sul quale esordì Baracca, era di fabbricazione francese.Nella foto Baracca insieme a un altro asso della nostra aviazione:Gino Allegri.************ Il 19 novembre ancora un avvistamento, un attacco e un inceppamento. La delusione è resa più cocente dal fatto che il suo intervento e quello del capitano Bolognesi non sono riusciti ad impedire che qualche bomba cadesse su Udine e qualche altra su Gorizia. Le conseguenze non tardano a manifestarsi e dieci giorni dopo Baracca scrive in una lettera: "Dobbiamo ora rimanere fuori di Udine per lasciar sparare gli antiaerei.E' una commedia!"Ormai le delusioni hanno logorato la pazienza e la critica di­venta aperta. Ma dovrà passare tutto l'inverno prima che alla 70a squadriglia, costituitasi sul campo di Santa Caterina al co­mando del capitano Tacchini, vengano assegnati i nuovi « Nieuport-Bébé ». Ed è con uno di questi che il 7 aprile 1916 Ba­racca ottiene la prima vittoria. L'allarme è stato dato all'alba : aerei nemici sono segnalati su Gorizia e Udine e la 70a squadri­glia decolla. Baracca si porta ra­pidamente in quota aguzzando lo sguardo nella luce ancora incer­ta. Dove saranno? Più alti? Più in basso? Possibile che debba andar sempre male? Su Palmanova spa­rano, quindi gli incursori devono essere là. Eccoli! Sono due bipo­sti austriaci tipo « Aviatik », en­trambi a quota più alta : Barac­ca vira verso il più vicino, lo in­segue arrampicando in cabrata, evita con la manovra il tiro del­l'osservatore avversario, lo inqua­dra e lascia partire una breve raffica, una seconda ancora più vicina, una terza quando gli è quasi addosso. L'altro oscilla, picchia, gli passa sotto, continua a perdere quota, tenta di rag­giungere le linee, ma non ce la fa e finisce per atterrare in un campetto nei pressi di Medea. Ba­racca, che lo ha seguito da vicino perché non gli sfuggisse, vede che nel campetto c'è posto anche per lui e atterra a sua volta per impedire che gli aviatori avversari brucino l'aeroplano e che i no­stri soldati, che accorrono da ogni parte eccitatissimi, lo danneg­gino. L'osservatore austriaco è ferito gravemente e viene portato subi­to in un ospedale da campo; il pilota, un giovane ufficiale, acco­glie Baracca sull'attenti e si presenta. I due avversari si stringono la mano. L'« Aviatik » è stato colpito ripetutamente ai serbatoi e il posto dell'osservatore è in­triso di sangue coagulato.Poi per due volte, il 28 aprile e il 2 maggio, arrivò a contatto con velivoli avversari, ma in en­trambi i casi la mitragliatrice lo tradì dopo la prima raffica. Andò meglio per lui e per la 70a squa­driglia il 16 maggio quando, su 14 bombardieri austriaci che ave­vano attaccato Udine e Gorizia. soltanto tre riuscirono a sgancia­re il loro carico sulle città e due, ripetutamente colpiti, furono co­stretti ad atterrare fuori campo.Ancora quattro combattimenti senza esito il 27 giugno, il 18 lu­glio, il 19 e il 22 di agosto e poi, il giorno successivo, una nuo­va vittoria in collaborazione con Ruffo di Calabria e Olivati. L'aereo avversario si incendia e cade tra Biglia e Ranziano. In settembre Baracca compie nume­rosi voli, tra i quali uno di scor­ta a 26 « Caproni » che bombar­dano la baia di Maggia e sostie­ne tre combattimenti, abbattendo il giorno 16 un « Lohner » che precipita sul Monte Stol.
I piloti, Ercole,Salomone,Olivari e Baracca fotografati nel giugno del 1917.Quattro mesi dopo Olivari morì per un banale incidente.************* Quan­do arriva sul posto, insieme a Ruffe e a Olivari, trova che il pilota è morto per due pallottole che Io hanno colpito alla testa e che l'osservatore, il tenente Anton von Csaby, colpito al ventre, è in condizioni disperate. Si in­teressa perché lo portino subito in ospedale e tanto Ruffo quanto Olivari, che lo hanno accompa­gnato fino a lassù, lo sentono mormorare in dialetto emiliano: « puvraz! ».La compassione per l'avversa­rio non gli impedisce però di continuare a battersi con il mas­simo impegno. Il 13 ottobre, su Castagnevizza, impegna un « Albatros » scortato da un caccia, li colpisce entrambi e viene a sua volta colpito, ma senza alcuna conseguenza.
Un velivolo nemico abbattuto sul San Michele.************* Ormai ha imparato a sparare con straordinaria preci­sione e il 25 novembre, quando ottiene presso Tolmezzo la sua quinta vittoria, accerta di aver colpito tre volte il pilota, che è morto, e due volte l'osservatore, che poi va a visitare all'ospedale. Le vittorie del 1916 hanno val­so a Baracca la concessione di tre medaglie al valore e la notorie­tà. Ma per lui l'anno di grazia è il 1917. È allora che, per la prima volta, sulla fusoliera del suo velivolo, a sottolineare la sua provenienza dalla cavalleria, ap­pare l'insegna del cavallino ram­pante che poi sarà adottata dalla 91" squadriglia. Sette giorni dopo il nostro asso si scontra sul Podgora con il Ba­rone di Banfìeld che. pur essen­do meno celebre dei suoi conna­zionali Brumovsky (35 vittorie), Ritter von Viala e Linke-Crawford (entrambi con 27 vittorie), era uno degli assi austriaci. A di­stanza di anni questo leale avver­sario scriverà a un giornale ita­liano : « Ancora oggi sento l'or­goglio di quel duello » È' nel 1917 che le vittorie di Baracca attirano anche l'attenzio­ne del Re che, nel corso di un giro di ispezione, si reca in visita al campo di Santa Caterina per' conoscere l'asso e congratularsi con lui e con i suoi valorosi com­pagni.
Baracca in un gruppo di ufficiali, poco dopo la nomina a capitano.********** Arriva la promozione a capitano, gli viene concesso l'Or­dine Militare di Savoia, assume il comando della 91a squadriglia e riceve in dotazione i primi cac­cia tipo « SPAD ». Si tratta di velivoli di fabbricazione francese, dotati di un motore Hispano Sui­za da 180 cavalli che consente lo­ro di superare i 200 chilometri all'ora e di arrampicarsi sino a 4000 metri in poco più di 16 mi­nuti e sono armati con una mitra­gliatrice sincronizzata con il mo­tore, che spara attraverso il disco dell'elica. Con il nuovo apparecchio le vittorie si fanno più frequenti e consacrano definitivamente la sua fama di asso. Silvio Scaroni, del­la 76a squadriglia, lo segue da vicino e poi vengono Piccio, Ba­racchini, Ruffo e Ranza. Olivari arriva a 17 vittorie, ma muore il 13 ottobre per un incidente occorsogli in partenza. Così Baracca comunica la no­tizia a casa : « Siamo rimasti de­solatissimi per la perdita del bra­vo Olivari : eravamo insieme da quasi due anni, e la nostra era una seconda famiglia; perciò il lutto che ci ha colpiti è ancora più grande. Non ci possiamo spiegare come, da quel vecchio pilota ch'egli era, abbia potuto compiere una manovra così erra­ta : questo fu dovuto a un mo­mento di distrazione, forse, o di nervosismo. Quando avvenne la disgrazia io ero in volo. Abbiamo passato giorni assai tristi. » Nella tristezza alla quale ac­cenna, entra certamente il ricor­do dell'episodio avvenuto qual­che giorno prima, quando Oliva­ri era andato da lui a protestare e si era preso un « cicchetto » che lo aveva rimesso subito in carreggiata. Ma presto, ben altri eventi dovevano rattristare il suo animo: nella fase precedente l'of­fensiva di Caporetto l'attività ae­rea nemica si intensifica e il 21 ottobre Baracca, dopo essere sfug­gito nella zona di Monte Nero all'attacco di cinque caccia, af­fronta sulla Bainsizza due « Aviatik » tedeschi e riesce ad abbat­terli entrambi, uno presso Ravne e l'altro nella zona di Podlacca. Il 25 ottobre sostiene cinque combattimenti, ottenendo insieme al comandante Piccio una vitto­ria; altre due, la 24° e la 25°, le ottiene il giorno successivo, ma è a sua volta colpito ed è co­stretto a scendere fuori campo nella zona di Cividale. Ormai le nostre truppe stanno ripiegando e non c'è tempo per riparare l'apparecchio : Baracca rientra in auto al campo di Santa Caterina giusto in tempo per ricevere l'or­dine di distruggere gli impianti e di ripiegare su Aviano. Nella not­te sul 28 esegue il triste incarico meticolosamente, all'alba sale sull'aereo e, invece di puntare a ponente verso il campo di Aviano, vola verso levante, incontra le co­lonne nemiche avanzanti e le, mitraglia sino a che non ha esauri­to le munizioni. In queste azioni di mitragliamente e nel tentativo di contra­stare l'aviazione avversaria cado­no molti piloti, tra i quali i te­nenti Sabelli e Ferrari e il ser­gente Macchi, tutti della 91a squadriglia. Ma l'avanzata nemi­ca continua inesorabile, e anche il campo di Aviano deve essere abbandonato. Baracca si sposta con la squadriglia sul campo di Arcade di Treviso e poi arretra ancora su Padova e di là ripren­de i voli. Il 6 novembre, insieme al te­nente Parvis, trova due caccia nemici su Portogruaro e ne ab­batte uno. Poi riprende quota, in­contra quattro avversari, sfugge al loro tiro e riesce a colpirne ef­ficacemente uno che precipita vi­cino al campo di Arcade. Il gior­no dopo, sempre insieme a Par­vis, attacca un « Aviatik » che, colpito da numerose raffiche, compie un disperato tentativo per raggiungere le colonne austriache avanzanti, ma non vi rie­sce ed è costretto a scendere nel­la zona di Orsago : i due, caccia­tori lo seguono, atterrano sul campo più vicino e fanno in tem­po a raggiungere in auto l'appa­recchio e incendiarlo prima che arrivino gli austriaci. Il 30 novembre, insieme al te­nente colonnello Piccio, attacca presso Oderzo un « draken » da osservazione e lo fa precipitare. L'8 dicembre, dopo aver ottenu­to la trentesima vittoria, viene citato nel bollettino del comando supremo. È di questo periodo una sua lettera alla madre che si stac­ca nettamente dalle altre per il tono insolitamente risentito, un tono che non ha mai usato con lei. È evidente che reagisce a qualche sua esortazione che né l'ansia, né il dolore, né l'amore materno gli sembrano giustificare: « Mi parli nelle tue lettere dì pa­ce: ma che pace! Fai come faccio io, che ogni giorno nuovo dimen­tico tutto il passato e mi figuro sempre che sia il primo giorno in cui mi trovo in guerra ». Per fortuna l'inverno porta un rallentamento nell'attività degli aviatori e una conseguente tre­gua per i loro familiari. Baracca, Piccio e Ruffo vengono inviati in missione a Torino per provare l'Ansaldo « Balilla ». Poi rientra­no a Padova per essere presentati ai Reali d'Italia e del Belgio e per ricevere dalle mani di Re Al­berto un'alta decorazione belga, cui farà poi seguito la concessio­ne della medaglia d'oro al valor militare, solennemente consegna­ta ai tre « Assi » a Milano, sul palcoscenico del Teatro della Scala. I festeggiamenti sono calorosi e la celebrità è bella, ma Ba­racca e i suoi valorosi compagni, pur godendo di tutti i vantaggi di quell'inebriante parentesi mi­lanese, non dimenticano né il lo­ro campo né i loro aeroplani, tan­to più che l'attività è ripresa e il tenente Scaloni ha superato le 20 vittorie. Baracchini lo segue a poca distanza, Ranza si è por­tato a 14 e alla 79° squadriglia è venuto su di prepotenza un nuovo asso, il sergente Cerutti, che in poco tempo ha abbattuto 13 ae­roplani. Frattanto dalla Germania è giunta la notizia che il grande as­so tedesco von Richtofen, dopo aver ottenuto la sua ottantesima vittoria, è stato abbattuto da un anonimo pilota inglese. Anche l'asso francese Guynemer. vitto­rioso in 54 combattimenti, era caduto sotto la raffica di un gio­vane pilota tedesco che nessuno aveva mai sentito nominare. Ma a queste cose non si deve pensare, anche se ogni combatti­mento può essere l'ultimo. Ba­racca riprende i voli e per qual­che giorno è sfortunato; ma il 3 maggio, mentre è in pattuglia con il sergente Nardini, impegna a più riprese aerei avversari sino a che incontra sul Piave un « Albatros » e, dopo un lungo com­battimento svoltosi tutto in vista delle nostre linee, lo abbatte in fiamme. Il 19 maggio sfugge per miracolo all'attacco di nove av­versari e il 22, insieme al sergente d'Urso, si butta contro una pat­tuglia di ricognitori scortati, ne isola uno e lo fa precipitare nel­le vicinanze di Borgo Malanotte. Il bollettino del comando supre­mo del giorno dopo lo cita ancora una volta per il consegui­mento della sua trentaduesima vittoria. Ma i pericoli ai quali si espo­ne aumentano. In un'occasione ha perfino rischiato di cadere sot­to i colpi che Ruffo di Calabria gli ha sparato contro, avendolo scambiato per un aereo nemico. Si è sottratto al tiro con una ma­novra acrobatica e poi, quando è rientrato in campo, si è limi­tato a dire al collega : « Caro Fulco, se proprio mi vuoi buttar giù, devi tirare un paio di me­tri più a destra ». Trascorrono due settimane di relativa calma e poi il 15 giu­gno si scatena improvvisa la bufera. L'avversario è deciso a pas­sare ed esercita il massimo sfor­zo su tutto il massiccio del Grap­pa e lungo il corso medio del Piave che viene attraversato in più punti. Tutti i reparti aerei italiani vengono gettati nella mi­schia per appoggiare dal ciclo l'azione delle forze terrestri. Ba­racca è pari alla sua fama e ab­batte nello stesso giorno nella zo­na del Montello due aerei au­striaci : il primo, un « Albatros », in collaborazione col sergente Aliperta; il secondo, un ricognito­re, sorprendendolo in coda a una grossa formazione. Le sue vittorie sono ormai 34, ma questa è una fase nella quale non ci si può limitare a combat­tere il nemico in cielo. Dall'alto si possono chiaramente individua­re le teste di ponte che gli au­striaci sono riusciti a stabilire sul Montello ed è contro quelle che gli aviatori di tutte le specialità si buttano per mitragliarle, mar­tellarle, contenerle. A Caporetto è andata male, ma questa volta non si deve cedere, anche se l'ur­to è poderoso. In tre giorni quel­la che viene chiamata « la massa da caccia » compie cinquecento ore di volo e spara cinquantami­la colpi di mitragliatrice. Il 18 giugno 1918 il colonnello Piccio guida sulle posizioni raggiunte dagli austriaci sul Montello una formazione di 70 caccia e Baracca è tra questi, alla testa della 91°. Il 19 è il giorno culminante. Baracca è tornato all'assalto con gli altri e una pallottola gli ha bucato il collo del giaccone di pelle, lasciandolo illeso. C'è da fare un'altra azione per appog­giare un contrattacco sul Montello e lui riparte verso le sei e mezza di sera insieme a Costantini e a Osnaghi. Sarà questi a riferire al rientro in campo che, mentre stava mitragliando a bas­sa quota, ha intravisto qualcosa sprigionarsi dall'abitacolo dello « SPAD » di Baracca : sembrava la nuvoletta di uno scoppio. Poi lo ha perso di vista e lo ha cercato invano. Parte subito in volo Piccio, ma nel crepuscolo incombente non riesce a vedere nulla. Partono nel­la notte in auto per il fronte Keller, Novelli, Osnaghi, Carini. Niente. Solo notizie contraddittorie, poi una più precisa, c'è un aereo italiano caduto sulle linee, ma si accerta che è quello del sergente Nava. Le ricerche si protraggono ininterrotte per cinque giorni e si spingono sempre più avanti nei valloncelli del Montello che or­mai gli austriaci, definitivamente battuti, hanno abbandonato. Dal comando del 112° Reggimento di fanteria arriva una segnalazione che sembra tristemente attendi­bile. La sera del 19, verso le set­te, un aereo italiano che mitra­gliava le posizioni austriache è stato visto precipitare in località Busa delle Rane. Partono Ranza, Osnaghi e il giornalista Garinei : raggiungono la zona ancora sotto il tiro ne­mico, cercano e questa volta tro­vano. Lo « SPAD » si è quasi, conficcato nel terreno ed è bru­ciato.
I funerali a Lugo, paese natale di Baracca.********** Il corpo di Baracca è stato però sbalzato a qualche metro di distanza e il fuoco lo ha rispar­miato. Sulla fronte gialla e geli­da si apre il piccolo foro scuro del proiettile che lo ha ucciso. Un proiettile di fucile, sparato da terra da qualcuno dei soldati au­striaci che, dopo aver raggiunto la zona boschiva situata tra la seconda e la terza strada nel Montello, erano stati inchiodati su quella posizione dalla strenua resistenza italiana.
I tipi degli aerei abbattuti segnati nella tabella sono quelli risultanti dalle relazioni. Gli aviatori au­striaci usavano però denominazioni diverse: Albatros. Aviatik e Lohner erano fabbriche, il cui nome era seguito da una sigla o da una denominazione diversa per ogni tipo di aereo: Albatros DUI, Albatros « Taube », Aviatik « Berg » ecc. Spesso anche i nomi delle fabbriche erano abbreviati: Alb., Av., Lo.. ed erano seguiti da una lettera indicante fa specialità: B = aereo scuola. C = biposto da ricognizione, D = monoposto da caccia.
Prima guerra mondiale
Tratto da Storia Illustrata anno 1968, del mese di 127, numero giugno. Autore: franco pagliano