Nel conflitto fra Ned Kelly e la polizia, gli australiani videro una sfida al governo inglese e una « vendetta » della loro miseria. Le sue imprese divennero leggendarie. Ma chi fu in realtà Kelly ? Un leader politico oppure un feroce bandito?
L' attentato di Stringvbark Creek in una stampa dell' epoca: L' agente McIntyre, sotto il tiro dei fucili della banda Kelly, intima al segente Kennedy che giunge a cavallo di arrendersi. A terra il corpo di Lonigan.*******
Brigante di strada o paladino degli oppressi, assassino o patriota? Ancora oggi, gli storici australiani non riescono a trovare un ’accordo sulla figura di Ned Kelly, quel giovanotto poco più che ventenne le cui gesta infiammarono fra il 1878 e il 1880 lo stato del Victoria, dando alla giovane colonia britannica il primo gusto di una identità nazionale, di una completa separazione dalla madrepatria che soltanto oggi – a conclusione di un lento processo in cui la ragione ha prevalso sulla violenza – sta comparendo all’orizzonte.
La banda Kelly in una serie di vecchie foto.********
In quei due anni, con una sparuta serie di rapine e imboscate alla polizia, Ned Kelly e i suoi tre complici ( il fratello minore Dan, Steve Hart e Joe Byrne) riuscirono ad accattivarsi le simpatie e a suscitare l ’entusiasmo di una popolazione che male soffriva la povertà e l’ingiustizia, e che nel conflitto fra i Kelly e la polizia vedeva un ’aperta sfida all’autorità imposta da Londra e al privilegio di una minoranza. Ogni loro spavalda avventura, dalle rapine alle banche di Euroa e Jerilderie all’imboscata di Stringybark Creek in cui tre poliziotti furono uccisi, dall’assassinio dell ’ informatore Aaron Sheritt
A cavallo tra i boschi dello Stato di Victoria, Sherritt( vedi foto precedente) che informò la polizia circa i movimenti della « gang », venne «giustiziato» da Dan Kelly e da Joe Byrne il 27 giugno 1880.********
all’intero massacro della polizia a Glenrowan ( dove la banda fu decimata e Ned Kelly arrestato) fu seguita con crescente entusiasmo, mentre il folklore popolare dava vita a ballate e leggende sul « Robin Hood degli antipodi ».
Il corpo del sergente Kennedy(foto in alto) ritrovato alcuni giorni dopo l' attentato; Glenrowan( al centro),il luogo dove avvenne la battaglia e la cattura della banda e (in basso) le armature indossate da Ned Kelly e dai suoi uomini.********
Neppure la sua impiccagione nelle carceri di Melbourne, l ’11 novembre 1880, riuscì a sconfiggere Ned Kelly. Morto l’uomo, restava il mito del brigante- gentiluomo, un mito che è vivo ancora oggi, anche se storicamente inaccettabile: patriota o no, Ned Kelly fu un uccisore brutale, con una coscienza smussata e obliqua. Ma certe distinzioni morali, in quella colonia penale popolata di ex galeotti, non avevano peso: e una volta nato, il mito è rimasto, anche se la morale degli australiani si è trasformata. Anzi forse proprio per la indelebile coscienza della loro origine, che si riflette in un complesso nazionale di inferiorità, gli australiani vedono in Ned Kelly un simbolo egalitario e quindi un oggetto di venerazione, l’eroe che si è sacrificato per la sua gente. E ne sono orgogliosi: al punto di inscenare manifestazioni di piazza quando un regista inglese – Tony Richardson- girò un film su Ned Kelly affidando la parte del protagonista a Mick Jagger, meglio noto come cantante pop e capogruppo dei Rolling Stones che come attore. Su un piano meno emotivo, molti australiani vedono in Ned Kelly qualcosa di più che un comune delinquente: in fondo osservano, egli visse in un’epoca e in un mondo in cui la legge, o più propriamente l ’amministrazione della legge, tendeva a trasformare in criminale chi era semplicemente povero o disperato. Qualcuno va oltre, descrivendolo come « un ’uomo di più grande nobiltà e coraggio morale che qualsiasi altro australiano », ma in un contesto storico una tale dichiarazione di fede è insostenibile, come sono forse insostenibili le tesi di che vede in Ned Kelly un leader politico: sei anni fa nel corso di un simposio a Wangaratta, uno dei delegati affermò per esempio che a Glenrowan- dove fu ferito e arrestato- Ned Kelly intendeva dare il via a una ribellione su vasta scala e proclamare la Repubblica del Victoria Nord- orientale, primo passo verso una repubblica del Victoria.. La storia di Ned Kelly inizia prima del 1855, l’anno approssimativo della sua nascita: emerge dai drammi irlandesi del Settecento, dalle vicende storiche che culminarono con la creazione della colonia del Victoria, e soprattutto dalle condizioni sociali ed economiche nell ’infanzia di quel nuovo mondo. Ned Kelly nacque a Beveridge, una cittadina a venticinque miglia da Melbourne: gli storici più autorevoli dicono nel giugno del 1855, quando la colonia del Victoria aveva appena quattro anni. Fino al 1851, quella parte dell’Australia, aveva fatto parte di un ’altra colonia, quella del Nuovo Galles del Sud, ed era semplicemente conosciuta come il « distretto di Port Philip ». La baia di Port Philip, su cui sorge oggi Melbourne, era stata scoperta ed esplorata nel 1802, ma un villaggio costruito l’anno seguente era stato abbandonato dopo pochi mesi. Nel 1834 un gruppo di colonizzatori aveva « acquistato » oltre duecentomila ettari di terreno dagli aborigeni, pagando con le solite cianfrusaglie di cui la storia delle colonie è ricca. Londra, tuttavia, non aveva riconosciuto la transazione, ed era intervenuta. Nel 1837 Port Philip era divenuto Melbourne, e l’esplorazione dell’entroterra sarebbe culminata nel 1851 con la creazione della colonia, la cui ricchezza non stava tanto nelle settantasettemila anime che l ’abitavano, quanto nei cinque milioni di pecore che vi pascolavano. In quegli anni formativi il governo inglese aveva introdotto una serie di misure per incoraggiare la colonizzazione; ma, come già era accaduto nel Nuovo Galles del Sud, quella terra era promessa soltanto a chi avesse fondi per acquistare o affittare appezzamenti. Per la maggioranza dei coloni, che fuggivano alla miseria dell ’Irlanda e dell ’Inghilterra, questo era impossibile: dovevano accontentarsi di lavorare per un padrone, in una situazione del tutto analoga a quella che avevano appena rifuggito lasciando l’Europa. Le terre migliori ai accumulavano nelle mani di pochi coloni, le cui ricchezze si accrescevano a dismisura, e per cui l ’affitto annuo di una sterlina per acro era una somma trascurabile. Nel 1847 i nove decimi del terreno abitabile erano nelle mani di questi coloni, detti « Squatters» : taluni di essi avevano più terra di certi principi europei, e reagivano indignati alle giuste richieste dei loro contadini. Il Victoria e il Nuovo Galles del Sud erano come una polveriera pronta all’esplosione; se questa non avvenne, fu per un'altra esplosione che avrebbe lasciato profondi segni nella nuova colonia: la scoperta dell’oro, proprio nel 1851. Chi nulla aveva da perdere, lasciò la sua abitazione e il suo lavoro alla ricerca di una facile ricchezza, la dove «la polvere d’oro giaceva nelle strade ed era di tutti».A centinaia di migliaia i cercatori giunsero da ogni parte del mondo, aggiungendosi alla schiera locale: dei poliziotti di Melbourne soltanto due resistettero alla tentazione, e nel giro di cinque anni la popolazione australiana era raddoppiata. Ma l’oro, si accorsero, non giaceva nelle strade. Esauriti i primi giacimenti in superficie, a Warrandyte, a Clunes, a Castlemaine, a Ballarat o a Bendigo, i più se ne tornarono alle città e alle fattorie, delusi e provati, più miserabili di prima. Da ogni parte d’Australia si levò, con una furia che prima era mancata, un'unica richiesta, quella di «liberare le terre», cioè di toglierle al controllo dei pochi. Il governo fu costretto a varare leggi di emergenza in quel senso, che però non furono in grado di risolvere molto. Con la collaborazione prezzolata dei loro uomini di fiducia, i ricchi proprietari terrieri riuscirono ad acquistare per pochi soldi quasi tutte le terre di cui erano stati privati. I poveri contadini si ritrovarono al punto di partenza, vittime del «sistema», e ai loro occhi la polizia era ormai al servizio del governo coloniale, cioè dei ricchi proprietari terrieri. Il seme della violenza era gettato, anche perché la polizia non sarebbe più riuscita a conquistare la fiducia delle masse - soprattutto degli irlandesi - e ogni suo smacco sarebbe stato da molti interpretato come un trionfo popolare. I poliziotti irlandesi poi, sarebbero stati trattati alla stregua di traditori da quella comunità: nel 1878, in una delle sue lettere di autodifesa, Ned Kelly ne parlò come di «un pacco di grossi brutti figli di carcerieri irlandesi o padroni inglesi, con il collo grasso, con la testa da talpa, un pancione enorme, zampe da gazza e i piedi piatti»,una descrizione che nel colorito linguaggio di Kelly sa di disprezzo a ogni parola. La storia di Ned Kelly è legata a filo doppio con questo quadro della giovane Australia, della comunità irlandese e del profondo sospetto e odio che questa nutriva per la polizia, vista come strumento di una élite privilegiata per calpestare la miserabile comunità rurale. Suo padre, John Kelly, soprannominato«il rosso», era un ex galeotto deportato nella terra di van Diemen (oggi Tasmania), aveva raggiunto il continente Australiano nel 1850, dopo aver scontato la sua pena. Conobbe una ragazza di 14 anni, Ellen Quinn, e soltanto un rapimento - e il conseguente matrimonio riparatore – riuscirono a fargli superare l’ostilità del piccolo «clan». I due si stabilirono a Beveridge, centro della comunità irlandese: in un tugurio fatto di tronchi d’albero e corteccia sarebbero nati Annie, Ned, Maggie, Jim, Dan, Kate e Grace. La piccola tribù fu sempre ai ferri corti con la polizia, grazie a quella che era la sua attività principale, il furto di bestiame. Due o tre membri del clan Kelly-Quinn avrebbero onorato della propria presenza, in rotazione, la carceri di Melbourne. Quando John Kelly morì, nel 1866, la sua famiglia raggiunse i Quinn che già avevano trovato rifugia nell’entroterra, e si stabilì a Eleven Mile Creek (il «ruscello delle 11 miglia»), presso la cittadina di Greta, vera terra di pionieri, selvaggia quasi inesplorata. Ned Kelly aveva 11 anni ed era diventato capo famiglia: con le risorse offerte dalla natura e con le pecore rubata agli allevatori della zona diede di che vivere alla sua numerosa famiglia. A quattordici anni fu accusato di aver assalito e percosso un cinese, ma poi assolto. L ’anno seguente si disse che fosse lui l ’energico giovanotto visto in due occasioni durante le rapine di un celebre brigante di strada, Harry Power, ma anche questa volta mancarono le prove e lo stesso Power- dopo l'arresto- rifiutò di incolpare il giovane Ned. In prigione, tuttavia, fini ugualmente: era nell ’ottobre del 1870, aveva appena 15 anni. Fu condannato a sei mesi di lavori forzati per aver ingiuriato e percosso un commerciante locale. Appena uscito dal carcere di Beechworth, fu arrestato per il furto di un cavallo e dovette scontare altri tre anni a Melbourne. Anche il fratello minore, Jim, fu arrestato e poi condannato a cinque anni per furto di cavalli. Questa condanna, a cui ne sarebbe seguita un ’altra a dieci anni, spiega perché Jim non fece mai parte della banda Kelly. Ned usci di prigione apparentemente ravveduto. Per due anni lavorò onestamente in una segheria di Mansfield, ma nel 1876 tornò a Greta e alla delinquenza. Aveva ventun anni. Con George King, che nel frattempo aveva sposato la vedova Kelly diede il via ad un imponente operazione centrata sul furto di cavalli nel Victoria e sulla loro vendita nel Nuovo Galle del Sud. Le taglie offerte dagli allevatori furono inutili: l ’omertà della comunità irlandese continuò a proteggere ogni loro operazione. Fu chiamata in causa l ’odiata polizia, e il commissario Standish diede un ’ordine preciso: arrestare Kelly a ogni loro infrazione. Ma tutti gli sforzi di Standish e i suoi agenti riuscirono soltanto a far multare Ned Kelly per ubriachezza e per essere andato a cavallo sul marciapiede, una condanna che ebbe allora lo stesso sapore di una multa per sosta vietata al giorno d ’oggi. Nel marzo del 1868, tuttavia, il nome di Ned Kelly venne alla ribalta durante un processo, e fu spiccato un mandato di cattura nei suoi riguardi per furto di cavalli. Tre settimane dopo un ’analogo mandato colpiva il fratello Dan, visto mentre guadava il fiume Murray con alcuni capi rubati: Ma non ci furono arresti, perché il 15 aprile la situazione fu completamente trasformata dall ’« affare Fitzpatrick ». Alexander Fizpatrick, un poliziotto di Benalla, decise di contravvenire all ’ordine che proibiva a un agente senza scorta di far visita alla casa del Kelly. Incoraggiato da qualche bicchiere di Whisky, e deciso ad incassare la taglia messa sulla testa di Dan Kelly, si recò a Eleven Mile Creek. Mentre stava arrestando il giovane ladro di cavalli, dichiarò in seguito, Ned Kelly e due vicini di casa entrarono nell ’abitazione sparando ed Ellen Kelly gli diede una padella in testa. Ferito e tremante Fizpatrick tornò a Benalla: il giorno dopo la Kelly fu arrestata e con lei due vicini di casa. A più riprese, Ned, in seguito, avrebbe negato di aver avuto alcuna parte in quell ’episodio. Le sue parole caddero nel vuoto: Ellen Kelly fu condannata a tre anni di carcere, e fu magra consolazione il congedo con disonore dell ’agente Fizpatrick. Ora i mandati d ’ arresto per Ned e Dan Kelly ignoravano i furti di cavalli, ma parlavano di tentato omicidio. Dan, appena diciasettenne, trovò rifugio nelle montagne di Wombat, in compagnia di due amici: Joe Byrne, ventun anni e Steve Hard diciotto. Ned Kelly, che aveva allora ventitré anni, si sarebbe congiunto al gruppetto dopo alcuni mesi. Era nata la banda che avrebbe infiammato lo stato del Victoria. Otto agenti, divisi in due gruppi con base a Mansfield e a Benalla, furono messi sulle orme dei quattro fuggiaschi. Il 25 ottobre 1878 il drappello di Mansfield, guidato dal sergente Michael Kennedy, si accampò a Stringybark Creek senza rendersi conto si essere pericolosamente vicino al rifugio della banda. Il mattino seguente il sergente Kennedy e l ’agente Scanlon lasciarono gli agenti Lonigan e Mc-Intyre per una perlustrazione della zona. Era un invito a nozze per Ned Kelly, che ormai si sentiva braccato.
All’imbrunire, mentre Lonigan stava preparando una pentola di tè, un ’ordine perentorio esplose nel silenzio della foresta: « Mani in alto!». Mc-Intyre obbedì, Lonigan impugnò la pistola e si getto verso un ‘albero. Ma Ned Kelly fu più veloce di lui, e il piombo del suo pistolone colpi mortalmente l ’ audace poliziotto. L ’attesa per gli altri due agenti non fu lunga. Mc-Intyre, per ordine di Ned Kelly, li avvisò del pericolo invitandoli ad arrendersi. Credendo si trattasse di uno scherzo, i due procedettero ancora per qualche passo. I Kelly fucili spianati, si tirarono fuori dal loro nascondiglio. Il sergente Kennedy si gettò a terra. Scanlon aprì il fuoco: fu il suo ultimo gesto: tre o quattro pallottole lo colpirono in pieno. Approfittando della confusione Mc-Intyre riuscì a fuggire sul cavallo di Kennedy. Questi, a sua volta, si gettò nella foresta: Ned Kelly lo rincorse, lo ferì, poi l’uccise sparandogli a bruciapelo. In seguito in una delle lettere, Kelly avrebbe invocato un elemento di legittima difesa nell ’incidente di Stringybark Creek. « Avevano i lunghi fucili », avrebbe scritto, « e saremmo stati spacciati se non li avessimo sconfitti. Questo non è stato un omicidio perché l ’alternativa era sparare o attendere che mi sparassero ». La stampa e i grandi possidenti rinvigorirono le loro grida d’allarme, ma i poveri coloni irlandesi osservarono che finalmente ottenevano giustizia. Il governo del Victoria annunciò una taglia di cinquecento sterline – un patrimonio a quei tempi – per ognuno dei quattro banditi, vivo o morto, mentre nella campagna i Kelly diventavano protagonisti di ballate popolari: era nato il mito che vive tuttora. La popolarità di Ned Kelly e dei suoi tre compagni sarebbe salita alle stelle poche settimane dopo con la spavalda rapina della National Bank, a Euroa. L’ 8 dicembre, esattamente dopo 53 giorni dopo i fatti di Strinybark Creek, la banda Kelly superò le « invalicabili» montagne di Strathbogie e occupò la fattoria di Faithful’s Creek, a quattro miglia da Euroa, facendo prigionieri i suoi trenta abitanti e tutti i viandanti che passarono nei tre giorni seguenti. Di giorno i quattro banditi perfezionavano i piani per la rapina, abbattendo fra l ’altro i pali del telegrafo; di sera, chiusi in un magazzino, scambiavano battute e conversavano con i loro prigionieri, non pochi dei quali si rivelarono loro accesi ammiratori. Ned Kelly, in una di queste serate, ammise a cuore aperto di aver rubato oltre duecentottanta cavalli, ma negò qualsiasi responsabilità nell ’« affare Fitzpatrick ». Il pomeriggio del 10 dicembre la banda decise di agire. Joe Byrne rimase a sorvegliare i prigionieri, gli altri tre si avviarono verso Euroa con due carri e un cavallo. Annottava quando il gruppetto giunse alla National Banck. Ned si presentò al cassiere, con un ’assegno sottratto a uno dei trenta ostaggi: Appena Steve Hart fu entrato dalla porta posteriore, Ned spianò la pistola sotto il naso dell ’uomo terrorizzato. Pochi minuti dopo la banda ripartiva con un gruzzolo di 1943 sterline e trenta once d ’ oro, e con dieci ostaggi: il direttore della banca, Robert Scott, la moglie, la suocera e i suoi sette bambini. Di fronte al cocente smacco, la polizia operò una ventina di arresti, per lo più indiscriminati, fra i simpatizzanti della banda. Alcuni conoscenti dei Kelly, restarono in prigione per mesi, senza un ’ accusa formale, mentre il superintendente Hare creava una catena di « informatori», la maggior parte dei quali penso bene di guadagnare qualche soldo in più senza fare del male ai Kelly, cioè dando alla polizia informazioni sbagliate. In ogni cittadina del Victoria le banche erano presidiate dalla polizia, nella timorosa attesa di un 'altra incursione. Ci fu , ma dove l 'autorità non se lo aspettavano: a Jerilderie, nel Nuovo Galles del Sud. E fu un 'impresa ancora più spettacolare e ardita. Dopo avere attraversato il fiume Murray, il 6 febbraio 1879 Ned Kelly e la sua banda giunsero alla stazione di polizia di quella cittadina gridando a squarciagola: « Allarme! C’è una rissa nella birreria! Sbrigatevi o ci scapperà il morto!» Gli agenti Richards e Devine, che erano nel mondo dei sogni, uscirono di letto, si infilarono i pantaloni e si gettarono per strada, nelle mani della banda. Il giorno dopo in divisa da poliziotti, Kelly e suoi costrinsero Richards a condurli nel centro della città, come se fossero agenti in visita ufficiale. Joe Byrne portò addirittura due cavalli a ferrare dal maniscalco locale, addebitando la spesa al conto della polizia. L ’8 febbraio, a mezzogiorno, i quattro sconosciuti agenti occuparono il Royal Mail Hotel, adiacente alla banca del Nuovo Galles del Sud. Poco dopo, Ned e Joe si infilarono nella banca, legarono come salami il cassiere un ’ impiegato, estrassero il direttore dalla vasca in cui stava facendo il bagno, e uscirono qualche minuto dopo con duemiladuecento sterline. Joe, con il malloppo fu inviato a tagliare i fili del telegrafo. Gli altri lo raggiunsero più tardi, dopo aver alleggerito i presenti di orologi e gioielli e dopo un ’arringa di Ned Kelly e la consegna di un documento ( « da pubblicare sul giornale locale») in cui si tratteggiavano « certi avvenimenti del presente, del passato e del futuro». La taglia sui Kelly aumentò, anche con il contributo del governo del Nuovo Galles del Sud: ora ammontava a duemila sterline per ognuno dei quattro. Ma dopo Jerilderie la banda scomparve per sedici mesi, nonostante le insistenti ricerche da parte della polizia, sempre sviata dagli « informatori ». L ’insuccesso dei commissari Standish e Hare costò loro il richiamo a Melbourne. Furono sostituiti dal superintendente Nicholson, il cui piano consisteva nel creare un falso senso di sicurezza per la banda. Nel maggio del 1880 quando Ned Kelly e i suoi sembravano svaniti per sempre, giunsero dalle parti di Greta alcune denunce di furto: di notte erano scomparsi gli aratri di numerosi contadini. Nessuno poteva immaginare che la banda se ne era servita per costruire pesanti armature d ’acciaio, e che Ned preparava la grande offensiva. Avrebbe dovuto essere l’apoteosi della banda, il trionfo su una società detestata. Ma le cose non andarono per il verso giusto. Lungi dal pensare a una rivoluzione, come sostengono oggi gli ammiratori di un Ned Kelly politico e patriota, la banda intendeva probabilmente dare l ’assalto a tutte le banche di Benalla, una città con una nutrita guarnigione di polizia, e facile meta del treno speciale, carico di agenti, che attendeva in continuo stato di preallarme nella stazione di Melbourne, pronto a raggiungere qualsiasi località assalita dai banditi. Occorreva sviare la polizia. Joe Byrne e Dan Kelly sarebbero andati a Beechworth, per « giustiziare» un ex amico di Joe, un certo Aaron Sherritt che aveva preso gusto a fare l ’ informatore e forniva ore notizie esatte alla polizia. Avrebbero poi dovuto raggiungere gli altri due a Glenrowan, per tendere un ’imboscata al treno dei poliziotti, soprannominato « Kelly Express» - diretto a Beechworth. Poi con le loro corazze d ’acciaio e un manipolo di simpatizzanti, i quattro avrebbero raggiunti Benalla, rapinato le banche e superato le montagne di Wombat mettendosi al sicuro. Sabato 27 giugno 1880, alle ore 19, Aaton Sherritt fu ucciso come era nei programmi. Ma anziché dare l ’allarme, i quattro poliziotti che gli facevano da guardia rimasero per ore nascosti sotto il letto della vittima credendo che la banda Kelly fosse fuori della porta ad attenderli. Fino alle 15 del giorno seguente, domenica 28 giugno, la polizia di Melbourne non venne a sapere dell ’uccisione.. Frattanto Ned Kelly e i suoi tre complici valendosi dell ’aiuto di alcuni cantonieri, avevano divelto un tratto di binari a Glenrowan e si erano appostati in un locanda nei pressi della linea ferrata. L ’arrivo del treno era stato previsto per la domenica mattina: sarebbe invece partito da Melbourne soltanto nella tarda serata di quel giorno. Credendo che il suo piano fosse fallito, Ned Kelly decise alle due del lunedì mattina di rinunciare all ’operazione. Stava pronunciando uno dei suoi soliti discorsi di commiato dalle sessanta persone rinchiuse con lui nella locanda, quando si udì in distanza il fischio del treno. Ma un certo Thomas Curnow, maestro di scuola, era riuscito alcune ore prima a lasciare l’edificio con la moglie, convincendo i Kelly che la donna non era in buone condizioni di salute: con un fazzoletto rosso e una lampada riuscì a far arrestare il treno. L ’imboscata era diventata una battaglia frontale. Ned Kelly e i suoi non si ritrassero. Con le loro pesanti armature coperte da logori impermeabili, i quattro attesero sulla veranda dell ’alberghetto.
Ned Kelly raffigurato in una stampa popolare durante la sparatoria di Glennrowan. A destra: l' armatura di ferro indossata dal bandito. É conservata nel vecchio carcere di Melbourne.*******
A sconfiggerli fu la pesante armatura – quarantatré chili quella di Ned Kelly – che impedì qualsiasi rapido movimento. Ned Kelly fu quasi subito ferito al braccio sinistro e al piede destro, Joe Byrne ad una gamba. Dovettero trovare rifugio nella locanda. Credendo di essere seguito dagli altri, Ned si gettò poi verso gli alberi, gridando in tono di sfida: « Non potete farmi del male, sono coperto di ferro ». Ma giunto al riparo dovette fermarsi: le ferite riportate e il peso dell ’armatura gli impedirono di proseguire. Dopo tre ore –erano le cinque del mattino –Joe Byrne fu ucciso da una pallottola che si aprì un varco fra due parti della corazza. Alle sei giunsero due treni di rinforzo da Benalla e da Wangaratta. All ’ alba, d ’improvviso, gli agenti videro un fantasma uscire dalla foresta. Era Ned Kelly barcollante. Centinaia di pallottole rallentarono il suo cammino, rimbalzando sulla poderosa armatura. Un sergente, certo Steele, gli si fece incontro, sparandogli alle ginocchia. Kelly barcollò per qualche istante, poi cadde e fu fatto prigioniero: aveva ventotto pallottole in corpo. La battaglia riprese: due degli ostaggi all ’interno della locanda furono uccisi dal fuoco della polizia. Soltanto alle dieci del mattino, dopo otto ore di combattimento, un breve armistizio, consentì agli altri di uscire. Poi la sparatoria ricominciò. Alle tre del pomeriggio il superintendente Sadleir fece dar fuoco alla locanda. Non ce n’era bisogno: Dan Kelly e Steve Hart, piuttosto che cadere nelle mani dell ’odiata polizia, si erano uccisi. La banda era finita. Ma Kelly sconfitto e gravemente ferito, era ancora vivo. Rimase nelle carceri di Melbourne per quattro mesi, e in quel periodo in Australia si parlò soltanto di lui. La sua sorprendente guarigione aggiunse un pizzico di magia al mito: « se non è morto» diceva il popolino che l’aveva sempre ammirato, « è perché Dio sta dalla sua parte ». Il processo ebbe inizio il 28 ottobre, l ’accusa era di aver assassinato l ’agente Thomas Lonigan a Stringybarck, due anni prima. Fu una formalità di breve durata. Il giorno seguente, nel primo pomeriggio, la giuria deliberò l’inevitabile verdetto di colpa. Ned Kelly pronunciò un ’ultima appassionata autodifesa prima della sentenza. « Non sono un assassino» disse fra l ’altro, « ma devo agire se c’è di mezzo una vita innocente ». E poco dopo rintuzzando un aspro commento del giudice, Sir Redmond Barry: « Un giorno dovremo presentarci tutti quanti davanti ad un tribunale più alto di questo. Allora vedremo chi era nel giusto e chi nel torto». Almeno in parte, sarebbe stato lo stesso governo del Victoria a esonerarlo da molte colpe, un anno dopo. Una commissione d ’inchiesta incaricata da Londra di esaminare le cause del « fenomeno Kelly », e i metodi della polizia durante la caccia alla banda, ritenne valide molte tesi che Ned aveva sostenuto contro la polizia rurale. Ci furono sensazionale rivelazioni di corruzione prezzolata e vergognosi intrighi. Tutti gli ufficiali di polizia a capo della lotta contro i quattro banditi furono biasimati, congedati o ridotti di grado per la loro inefficienza o per il loro comportamento. La commissione d ’inchiesta concluse affermando che la polizia di Melbourne poteva essere considerata « poco meno che una permanete minaccia per la comunità » Quando il giudice pronunciò la condanna a morte aggiungendo secondo la formula tradizionale « il Signore abbia pietà della vostra anima », Kelly replicò: « Si, e ci rincontreremo ». Queste ultime parole nell’aula del tribunale, e l ’improvvisa morte di Sir Redmond due settimane dopo l ’impiccagione, avrebbero dato un nuovo vigore al mito. Pochi giorni prima di essere giustiziato, Ned dettò l’ultima delle sue appassionate lettere, che riproduciamo: « Non pretendo di essere vissuto senza macchia, o che un difetto ne giustifichi un ’ altro. Ma, giudicando un caso come il mio, il pubblico dovrebbe ricordare che anche la vita più scura può avere un lato luminoso. Dopo che si è detto il peggio di un uomo, questi può, se ascoltato raccontare nel suo modo ruvido una storia che indurrà quel pubblico ad addolcire i pensieri più duri nei suoi confronti e a trovare per lui tante scusanti quanto egli ne proporrebbe per se stesso». «Per quanto mi riguarda non mi importa della mia vita ne del risultato del processo, e so benissimo, da quanto mi viene riferito, che cosa si dice di me; cioè che il pubblico condanna il mio nome. I giornali non hanno di me con quella paziente tolleranza abitualmente concessa a chi attende il processo ed è considerato – secondo il vanto della giustizia britannica- innocente finché giudicato colpevole. Ma non mi rammarico, perché sono l ’ultimo a chiedere il favore pubblico o a temere la critica pubblica. Lasciate che la mano della legge mi colpisca, ma chiedo che la mia storia sia udita ed esaminata, e non è che io voglia evitare qualsiasi decisione della legge presa per garantire la giustizia, ne conquistare da chicchessia una parola di pietà. Se le mie labbra insegnano al pubblico che gli uomini sono resi insofferenti dal maltrattamento, e se la polizia impara che può spingere alla pazzia gli uomini che perseguita e maltratta, la mia vita non sarà del tutto gettata via. Chi vive nelle grandi città non ha alcuna idea della condotta tirannica della polizia. Non ha idea del modo duro e prepotente con cui esercita il suo compito, di come trascura i suoi doveri e abusa dei propri poteri. Edward Kelly ». Rivide la madre, ancora in carcere per l ’« affare Fitzpatrick » da cui aveva avuto inizio l ’avventura criminale dei Kelly. Dopo avergli dato la sua benedizione, la donna gli raccomandò: « Bada di morire come un Kelly ». Nonostante una petizione con sessantamila firme, raccolte in pochi giorni, la grazia gli fu negata. Fu impiccato nel carcere di Melbourne, alle dieci di mattina dell ’11 novembre 1880. Aveva appena venticinque anni. Le sue ultime parole, prima che la botola si aprisse sotto i suoi piedi, furono: « Così è la vita ».
L' impiccagione di Ned Kelly in una stampa del tempo. Figlio di un ergastolano, Ned era nato a Beveridge, presso Melbourne, nel 1855. Fu impiccato nel 1880, a soli 25 anni. Nonostante una petizione con sessantamila firme, la grazia gli fu negata.********
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